
di Stefano Brogioni
TAVARNUZZE (Impruneta)
Una struttura d’accoglienza tranquilla, villa Monticini a Tavarnuzze, dove i carabinieri non ricordano di essere mai intervenuti per dissidi tra i suoi pochi ospiti.
Eppure, ieri pomeriggio, un alterco fra due afghani si è tramutato in una carneficina. La vittima e il suo assassino sono entrambi morti: il primo, Arif Sadat Sayed, 33 anni, per alcuni fendenti violenti e profondi, alla gola e alla pancia, che non gli hanno lasciato scampo. L’altro, Farhad Pazhwak, 36 anni, si è inferto con il medesimo coltello da cucina due fendenti al collo e poi si è gettato dal terrazzino del primo piano dell’immobile, un ampio terratetto sulla Cassia. Alla scena hanno assistito anche alcuni passanti.
I sanitari del 118, arrivati in pochi minuti, hanno provato a rianimare l’aggressore. Ma è morto poco dopo il suo arrivo in ospedale.
I carabinieri del nucleo investigativo, con il colonnello Angelo Murgia, e quelli della compagnia di Scandicci, guidati dal colonnello Gianfranco Cannarile, cercano di ricostruire cosa sia scattato, ieri pomeriggio, per innescare una rabbia così cieca.
“Non c’erano mai stati problemi, questa è una situazione tranquilla”, dice l’operatrice, presente nella struttura, con ancora negli occhi una scena da brividi.
Sangue. Sangue ovunque, nello stabile che finora era un esempio di buona integrazione: numeri contenuti, ospiti mai problematici. La frazione di Tavarnuzze, i vicini, non avevano mai avuto da lamentarsi di chi viveva nello stesso edificio, di proprietà della parrocchia, che ospita anche la sede della Misericordia e un centro d’ascolto.
L’aggressione si colloca tra le 16.48 e le 17. I due afghani erano amici, oltre che vicini di camera. Condividevano, oltre alle comuni origini, anche il lavoro: entrambi erano pizzaioli. Arif in patria era un videomaker molto attivo per i diritti del suo popolo. Grazie al lavoro sognavano di inserirsi e garantirsi un futuro del nostro paese. E niente faceva pensare il contrario: per tutti due brave persone.
Ma ieri pomeriggio, a villa Monticini, qualcosa ha scatenato un furia cieca. Testimoni dicono di aver sentito un’offesa rivolta alla sorella di uno dei due. Ma pare troppo poco per motivare la rabbia con cui il 36enne si è accanito nei confronti del connazionale. L’arma del delitto è un coltello preso dalla cucina della struttura. Tutto è accaduto al primo piano, su un grande corridoio su cui si affacciano le camere degli ospiti.
Le coltellate sono state inferte lì.
Poi, dopo aver lasciato l’amico in un lago di sangue, Pazhwak ha raggiunto il terrazzino della stesso piano. Affacciato sulla strada, l’uomo si è platealmente sgozzato due volte. Poi si è gettato. Un volo di circa tre metri, ma forse, a cagionare la morte, sono stati proprio quei due fendenti stoccati con la stessa lama con cui un attimo prima aveva ammazzato.
Il sostituto procuratore Ornella Galeotti ha fatto un sopralluogo a villa Monticini, mentre i carabinieri della scientifica isolavano le tracce disponibili. Disporrà probabilmente una ricognizione esterna sui due cadaveri.
Al momento in cui si è consumato il delitto, c’erano soltanto i due afghani e due operatori della struttura, gestita dalla Caritas. E quella miccia forse familiare che ha acceso tanta rabbia.