Mosca, trecentomila soldati in attesa: è imminente la «seconda invasione» russa?

Alexey è ferito, in un pronto soccorso militare a una cinquantina di chilometri da . Ha una connessione Starlink che gli permette di telefonare alla madre che, a Kiev, ci fa partecipare alla conversazione. «Non sono grave, mamma, ma devo tornare alla mia unità». «Come tornare? Cosa ti salta in mente?», la madre non si trattiene. «I russi sono vicinissimi a Bakhmut, avanzano continuamente, rischiano di circondarci». Lì sono tutti campi, piatti, aperti, come fanno ad avanzare? «Vengono allo scoperto, sì. Li ho visti davanti alla mia trincea. Ci martellano con i cannoni e i mortai e mentre noi stiamo riparati sotto terra, quattro loro pattuglie corrono avanti tutte assieme. Chi fa venti metri, chi trenta. Noi li vediamo dai visori dei droni e usciamo a sparargli. Ai primi colpi si buttano a terra e scavano una sorta di buco. Noi allora diamo le coordinate ai mortai e ai droni armati, ma appena vengono colpiti, invece di arretrare, avanzano. Altri pochi metri e di nuovo a terra. Chi muore serve da scudo a chi arriva dopo».

Sembra una crudeltà da videogioco, ma non è l’unico orrore che racconta la voce agitata di Alexey. «Più volte, mamma, ci è capitato di colpire qualcuno. Di sicuro. Invece quello non si è fermato. Ha continuato a correre e solo quando è entrato nel suo buco non si è più mosso. Dev’essere morto dissanguato. Secondo noi sono drogati. Per non sentire un proiettile doveva essere proprio strafatto. Ma anche ad avanzare così, è pazzesco, nessuno sano di mente lo farebbe».

Secondo i blogger russi, la temerarietà della fanteria è indispensabile perché i campi sono pieni di mine che bloccherebbero i blindati. Meglio a piedi, lungo la traccia che ha percorso chi ti ha preceduto nella corsa incontro alla morte. Serve? Alexey, riescono ad avanzare? «Noi eravamo in 30 nella trincea. Cinque sono morti e 10 sono rimasti feriti. Dei loro, non so, ne avremo uccisi quanti? 100? 120? Insomma tantissimi. Poi però abbiamo dovuto ripiegare di mezzo chilometro. E tutto è ricominciato. Loro hanno spostato i mortai nella nostra vecchia trincea e di nuovo avanti allo scoperto».

Le armi, i missili a lunga gittata, i carri armati promessi, hanno e avranno un grande impatto, ma visti da una poltrona danno l’impressione di un risiko dove vince chi ha più pedine da muovere. La guerra invece resta quella delle «bocche digrignate» di Ungaretti, quella di Alexey davanti a Bakhmut, dove ci si contende un palmo di terra dietro l’altro, soldato contro soldato, vita contro vita. «Credo che i russi siano arrivati ai primi edifici della città. Adesso avranno qualcosa dietro cui nascondersi». Gli scontri saranno casa per casa se gli ucraini non decideranno di ripiegare per non essere circondati.

Kiev tiene alto lo spirito del Paese nascondendo il numero dei militari uccisi oppure, di tanto in tanto, parlando di un ucraino ucciso ogni 7 russi (Consiglio nazionale per la sicurezza, 1 febbraio 2023). Mosca fa lo stesso esercizio, ma con proporzioni invertite: una vittima russa ogni 8 ucraine (presidente Putin, 27 ottobre 2022). In comune, nelle due comunicazioni, c’è la parola miasorubka, tritacarne.

In conversazioni tra i russi sulla prima linea registrate dall’intelligence ucraina, torna spesso quell’espressione. Per loro l’avanzata è un miasorubka e il fuoco che cade sui nemici ucraini fa da miasorubka. Ma anche Alexey la usa: «Di solito sono i musicisti a buttarsi così, nel miasorubka», il tritacarne. I «musicisti» sono per lui i mercenari del gruppo Wagner.

Quando l’anno scorso Putin ha ordinato l’invasione aveva schierato sul campo 160 mila soldati. Sembravano un’infinità. Oggi, nei territori occupati dell’Ucraina ne ha 300 mila e altri 200 mila sono pronti appena al di là della frontiera. Nel primo gruppo d’attacco c’erano decine di ferri vecchi, persino carri armati T34 della seconda Guerra Mondiale. Oggi i russi sembrano disporre di T80 modernizzati, T90 e altri corrazzati ben più efficienti dei T72 a disposizione degli ucraini. Anche per questo servono i Leopard tedeschi. Sono stati filmati treni carichi di munizioni e corrazzati, l’intelligence di Kiev ormai parla senza remore di «una nuova grande offensiva russa in preparazione». Per Zelensky «sta già cominciando». Per i think tank occidentali scatterà nelle prossime settimane o mesi. Per il ministro della Difesa Oleksii Reznikov, è possibile che «dal momento che vive di simbolismo, Putin cercherà di fare qualcosa intorno al 24 febbraio», anniversario dell’invasione.

Dopo la «guerra lampo» (fallita) e la «guerra di attrito», la Russia proverà per l’offensiva dell’anniversario una «guerra di movimento», fatta di manovre campali, battaglioni corrazzati, artiglieria, aviazione. Sarà decisivo l’addestramento e il coraggio dei tanti Alexey sul campo. Niente di simile si è visto nel mondo dalla guerra Iraq-Iran degli anni 80. Allora i morti furono almeno un milione. Centomila l’anno. Ucraina e Russia sono in media.

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